martedì 19 dicembre 2006

La passione politica è finita?

“Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".”

Intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer, I partiti sono diventati macchine di potere, in «La Repubblica», 28 luglio 1981

15 commenti:

Carmelo ha detto...

Pensavo fosse stato scritto oggi, poi ho letto l'autore in fondo al testo.
La missione è come sempre ardua, sopratutto con una opposizione di questo livello...ma non si deve perdere la speranza anche perchè la speranza siamo Noi.

Carmelo Pace

Anonimo ha detto...

Aosta 21 dicembre 06
Oggi pomeriggio, ho ricevuto, con enorme piacere il mio giornale. Un giornale a cui sono molto legato, sia per motivi di contiguità politica sia affettivi. Sono ormai più di vent'anni che, seppure di acquisizione, mi posso considerare "valdostano". Ebbene il primo giornale che mi capitò tra le mani, salendo da Torino - dovevo fare carriera - fu proprio lui. Sì: "Le Travail" o come si chiamava prima, quando ancora la scritta che campeggiava in prima pagina, era in italiano.

Ero ancora abbastanza giovane e i ricordi del 68 torinese non si erano spenti, quando all'interno della Società dove lavoravo, lo vidi su un tavolo della mensa operai. Era aperto e lo stavano leggendo. Accidenti alla carriera, mi dissi, e cominciai a parlare di politica, in un "posto" dove meno la facevi e meglio era per chi avesso voluto uno stipendio migliore. Io mi ero ritrovato ad Aosta proprio per questo. La mia famiglia s'era ampliata e necessitava dunque di uno stipendio dignitoso! Ma troppa era la felicità di vedere degli operai, a mio stretto contatto, che leggevano tranquillamente un giornale di sinistra che mi lasciai andare ugualmente. Quale migliore occasione per esternare le mie convinzioni! Ecco perchè io lo chiamo il mio giornale, ecco perchè mi dolgo quando leggo di situazioni strane all'interno del partito che esso rappresenta. Oggi c'è un bellissimo e tragico articolo firmato C.D.E che titola:
Le regole vanno rispettate da tutti.

Che dire...di compagni preziosi che fino all'altro ieri hanno dimostrato le loro capacità nel partito e che dal partito hanno ricevuto non solo onori virtuali! Che dire nel vedere e nel leggere di comportamenti che esulano appunto da una integrità morale che questi compagni non onorano! Che dire, quando si legge invece di Berlinguer che, in una intervista di E. Scalfari, sferza queste brutture, queste meschinità parlando appunto di quegli uomini che agiscono in un partito usandolo come strumento di potere? Questi uomini che si sono conformati a non essere più organizzatori di popolo, ma capipopolo di federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".

Certo, come dice qualcuno al nostro interno, oggi non sono più i tempi, siamo passati dal Pci al Pds, oggi siamo Ds e tutti siamo stati berlingueriani. Ma oggi dobbiamo guardare avanti. E' vero cari compagni, ma ogni tanto uno sguardo a quello che eravamo stati ieri, forse potrebbe tornarci utile. Non fosse altro che con queste meschinità squalifichiamo i nostri ideali i nostri valori e anche i diritti di Carmelo, che come lavoratore della Tecdis, merita tanta attenzione da parte nostra : il partito dei lavoratori si diceva una volta...

paolo g. ha detto...

Partendo dall'intervista del compagno E.Berlinguer,e che Carmelo Pace pensava fosse un articolo di oggi avrei da fare alcune riflessioni.
La prima,usando un linguaggio caro ai giovani,la politica deve essere resettata,cioè azzerata e riaggiornata.
la seconda,non è vero che i giovani non si interessano dei problemi che li circondano ,lo si è visto per le prmarie e lo si percepisce parlando con loro di politica.
La terza,che siano i giovani a progettare e decidere il loro futuro.
Assieme dobbiamo dire basta ai politici di professione, dopo 2 mandati devono ritornare a fare i cittadini,e aiutare i giovani a crescere e a diventare grandi.
Paolo Gianfranceschi

raimondo ha detto...

area democratica è nata così: incontrando giovani per la strada, al bar o vecchi amici a qualche cena. E tutti a parlare di politica, anche con passione. Ma alla domanda: Sei iscritto ad un partito o tu vuoi iscrivere? La risposta era secca, secca: NO! Perché i politici sono tutti uguali, più interessati a se stessi che ai problemi dei cittadini.
Area democratica vuole, quindi, restituire i partiti alla loro funzione originaria: strumenti di democrazia e non macchine di potere; spazi per dar voce alle persone e non comitati d'affari.

paolo g. ha detto...

Quattro giorni di sciopero dei giornalisti, e sono stato obbligato a leggerne altri.

1)Sul Menestrello,parlano di Renouveau Valdotain,sorpresa delle sorprese,una donna coordinatrice e parlano la nostra lingua,guardano e si definiscono di sinistra.
Attenti giovani e compagni,non lasciamo che altri si approprino dei valori a noi cari, parliamone e confrontiamoci.

2)Sul Foglio di Ferrara ,invece sono stato sorpreso dall'intervista rilasciata dal compagno D'Alema,il futuro segretario del Partito Democratico, se si farà,non dovrà essere uno dei vecchi dirigenti ma un giovane e possibilmente donna evviva,evviva,finalmente sembra che ci abbiano sentito anche da Roma,rinnovamento e giovani,la vera ed unica battaglia degna di essere combattuta.
Gianfranceschi Paolo

giorgio.b ha detto...

Un pensierino di Natale

Circa 2006 anni fa in una grotta di Betlemme nacque un bambinello speciale. Una volta cresciuto (neanche troppo) avrebbe lasciato un'impronta straordinaria nel mondo. Per alcuni è un profeta, per altri un santo, un grande rivoluzionario, un uomo speciale. Per molti è un Dio.

Ma per tutti, Gesù di Nazareth, piccolo ebreo nato a Betlemme, resta una figura da ammirare per la saggezza e la consapevolezza con cui tentava di distogliere le persone dalle passioni terrene, ricordando loro che altre cose sono più importanti. Predicava la povertà, la carità, l'uguaglianza, la generosità. Intransigente com'era nel combattere la presunzione e la cupidigia, si fece nemico chiunque avesse un po' di potere o un po' di ricchezza.

I romani lo temevano, perché si proclamava re di Israele. I farisei, sacerdoti di Israele, lo detestavano perché la sua predicazione metteva in discussione le loro regole. Gli zeloti ribelli ce l'avevano con lui, perché aveva rifiutato di sfruttare la sua popolarità per aiutarli a cacciare l'invasore romano. Per questo Gesù di Nazareth finì ucciso, al posto di un ladro, tra le lacrime di tanta povera gente e i sospiri di sollievo dei potenti.

Fosse vissuto oggi, Gesù di Nazareth sarebbe andato in un campo di prima accoglienza magari anche nel comune di Erba e li avrebbe accarezzati, riscaldati, strappando loro un probabile sorriso. Gli avrebbe parlato e li avrebbe benedetti. Gesù di Nazareth, figlio di un pastore e di un'adolescente data in sposa troppo presto, amante di una prostituta, amico dei lebbrosi, avrebbe amato questi poveri sbandati come amava ogni altro essere vivente.

E allora, che c'entra quel ceto arrogante e razzista che si rifà alla religione cattolica e tutti quei feroci rappresentanti politici, con Gesù di Nazareth, figlio dell'uomo, spirito ribelle, campione dei deboli, amico dei sofferenti, ideologo della povertà?

paolo g. ha detto...

BUONE FESTE A TUTTI I COMPAGNI E NON CHE LEGGEREANNO AREA DEMOCRATICA Paolo G.

Carmelo ha detto...

Lusetti: Accordo Wi-Max chiude stagione cdl ‘decoder inutili’

27-12-2006

“Con l’accordo tra il Ministro Gentiloni e il ministro Parisi sul Wimax siamo passati dal pacco dei decoder inutili imposto dal Governo precedente ad una marcia in più”. Lo dichiara in una nota Renzo Lusetti della Margherita, Responsabile del dipartimento Informazione.
“L’accordo è un importante passo in avanti e rappresenta un investimento significativo e strategico che offre più opportunità agli utenti. L’uso delle nuove tecnologie, note con il nome di Wimax, permetterà la diffusione della banda larga nelle aree più complesse per la realizzazione di infrastrutture. E tutto questo avverrà a costi ridotti”. “Rimuovere ostacoli e barriere all’ingresso dei mercati - come ha già detto il ministro Gentiloni - è la direzione da prendere e la filosofia che il governo, nel sistema delle comunicazioni, sta realizzando con successo”.

Carmelo Pace

paolo g. ha detto...

Ciao compagno Fausto Coppi, sono Paolo,mi fà piacere conoscerti e spero in molti tuoi scritti.
Fà piacere sentire la voce dei peones(compagni della base), voce che purtroppo ultimamente si è sentita poco nel nostro partito.
Voce che dopo le primarie,e le elezioni del 9 e dl 10 aprile,speravamo fosse stata il megafono di un nuovo modo di fare politica.
Ma purtroppo ci siamo dovuti ricredere,finita la mobilitazione tutti a casa, la politica di nuovo in mano ai politicanti.
Noi siamo solo buoni a cercare consensi a galoppare,cosa vuol dire rinnovamento,nuovo statuto,pari dignità.
Ora speriamo in questa nuova Area A.D. che la voce dei peones si oda forte e chiara.
Rinnovamento,basta con i politici di professione,si deve cominciare a pensare che dopo due mandati il rappresentante debba ritornare a lavorare e aiutare i giovani del partito e la società civile crescere.

Paolo G.

raimondo ha detto...

Compagne carissisme, cari compagni,
la politica non può essere di pochi e per pochi. Il problema del titolo di studio - tenuto conto che per le nuove generazioni è indispensabile per la loro crescita culturale, per il lavoro e quindi di conseguenza per la politica - non è mai stato uno sbarramento. Conosco operai che hanno scritto libri bellissimi che i laureati si sognano. Certo occorre leggere, informarsi, confrontarsi con gli altri.
Naturalmente ci sono anche quelli che si presentano dicendo: io ho la laurea, anziché esprimere un'idea sensata. La laurea dovrebbe aver insegnato loro innanzitutto l'umiltà: nessuno sa tutto (o molto). La coscienza di non sapere dovrebbe essere il frutto di anni di studio; se non c'è, vuol dire che la laurea è solo un pezzo di carta.
Per me il problema del titolo di studio è un falso problema: chi non c'è l'ha deve rivendiacare comunque il suo diritto di lavoratore e cittadino a partecipare alla vita poltica. Uno dei più grandi filosofi europei - Gramsci - non aveva la laurea e ancora oggi i suoi scritti sono studiati nelle università di tutto il mondo. Ma Gramsci insegna a tutti, laureati e non, che molto bisogna ascoltare, leggere ed apprendere dagli altri.
Per questo è nata area democratica, per costruire collettivamente le posizioni politiche e non per creare un gruppo di fanatici adoratori di un "capo" (anche se laureato).

paolo g. ha detto...

I giovani o fanno i precari,o emigrano,o vivono con i loro genitori,chi non progetta il futuro non può averne uno.
Mi auguro che i giovani prendano per mano l'Italia,e mandino in pensione questa politica,questa finanza,questa burocrazia super pagata,che ha trasformato l'italia industriale in un grande call center.
l'italia sta invecchiando , a voi giovani il compito di cambiare.
Alcuni passi sono presi dal blob di Grillo
Paolo G.

Carmelo ha detto...

Bravi Faustocoppi e Raimondo!
avete toccato un argomento importante.
mi è venuta in menta e la ribadisco un'altra proposta che è stata peraltro già discussa in questi giorni, ossia l'abolizione del valore legale del titolo di studio, un imoportante reagente nel mix delle riforme per l'università e la ricerca.

Carmelo Pace

paolo g. ha detto...

Vorrei tornare,alle parole del Compagno Enrico Berlinguer,"la passione non è finita" ma a casa nostra qualcuno sta lavorando,e sodo per farla finire.
"E non c'è bisogno di guardare in casa d'altri" i D.S. ce la stanno mettendo tutta, cittadini e iscritti incominciamo a spazientirsi.
E non parlo solo della Valle d'Aosta,ci sarebbe già tanto da dire,sulla latitanza dei nostri dirigenti,che preferiscono il silenzio al dibattito.
Ma guardiamo oltre, es. al nazionale,in Piemonte,la Bresso e Chiamparino se ne infischiano bellamente del pensiero NO TAV, pensiero anche di molti cittadini e di nostri iscritti.
Che dire invece dell'Emilia Romagna dove si tenta di fare un polo per la ricerca di gas nel sottosuolo (industria Inglese)
la dove esiste il fior fiore dell'agro alimentare D.O.C.-I.G.P.-BIo. ecc. ecc. in Italia.
Noi peones dei D.S.,dobbiamo ergerci come difensori dei valori della sinistra la "pace,solidarietà,eguaglianza, lavoro ecc.ecc." dove la politica sia condivisa,dai giovani,dai cittadini,dala società civile Paolo G.

giorgio.b ha detto...

Da questo punto di vista l'opera di Berlinguer, pur con i limiti che derivavano da una fase piena di scandali torbidi e dall'emersione proprio negli anni ottanta di un'impresa assai pericolosa come l'assalto della P2, troppo presto dimenticato, ha due caratteristiche che la fanno amare e rimpiangere proprio alla base di quello che venne una volta definito come il largo popolo della sinistra. Questo popolo ha subito negli ultimi vent'anni e più, molte delusioni. Come non vedere e giudicare il continuo allargarsi di una scelta sterile, come quella dell'astensionismo elettorale, e del distacco tra la società politica e quella civile.

Berlinguer, occorre ricordarlo ancora una volta, ritenne che la sinistra italiana e quella europea avesse bisogno di una strategia generale e si adoperò per identificarla, dall'interno dei partiti, ma con grande apertura verso la società. I risultati elettorali videro nei primi anni ottanta un'inversione di quel declino del Pci intervenuto dopo le elezioni vittoriose del 1976. Probabilmente il peso dei condizionamenti internazionali gli impedì di portare a termine quel processo, ma seppe indicare la direzione in cui la sinistra italiana doveva andare per avvicinarsi ancora di più verso le masse popolari. Così facendo ridiede loro fiducia verso i partiti e nella politica.

Fu un uomo solo, lasciato solo da molti che pure gli erano stati vicini, ma non a caso rispettato anche dai suoi avversari. Dimenticarlo in nome di un pragmatismo a tutto campo non sembra, a mio avviso, il modo migliore per ricostruire una sinistra moderna e il più possibile unita. Al contrario vale la pena (e questo lo hanno capito in tanti in questi ultimi tempi) riesaminarne a fondo la vita, cogliere gli aspetti innovatori del suo percorso, portare più avanti le intuizioni politiche che ebbe. Così si potrà riprendere la battaglia aperta per vincere di nuovo contro quella destra che, salita al potere, ha creato così grande sconquassi democratici.

Noi di AREA DEMOCRATICA, ben difficilmente potremo dimenticarlo...

giorgio

giorgio.b ha detto...

PARTITO DEMOCRATICO DENTRO O FUORI?

Dico la mia bazzecola mattutina... mi scusino gli esperti. Mettiamo che si potesse far la scissione della minoranza DS che non confluisce nel PD come si paventa già da tempo. Beh, allora i nuovi DS potrebbero darsi un programma condiviso più spiccatamente orientato al sociale e meno alle poltrone! Per farla semplice un programma un po' più di sinistra in questo caso, e se lo animassero persone di sicura fede e provata onestà – sicuramente non s’è perso il seme - io personalmente aderirei e forse anche altri come me. Allora uno potrebbe dire: noi rimaniamo DS e ci diamo questi obiettivi, chi vuole venga con noi. Sono convinto che ci sono persone pronte a venire con noi che condividono questi principi e questi obiettivi e che mai si iscriverebbero e nemmeno voterebbero per il PD.

Allora io vorrei continuare con la mia bazzecola mattutina.Lo so che ci sono già mille partiti...lo so.
Ma se il PD nasce con queste premesse, noi dubbiosi non potremmo rimanere DS? Ovvero al congresso senza sancire una scissione, rimanere col vecchio nome, e allearci poi con chi vorrà? Chi non vuole rimanere sotto il simbolo DS, invece se ne vada pure. Non sono un fine politico, perdonate la domanda stupida... ma se uno non vuol perdere la propria identità, può forse la maggioranza costringerlo? Non si può dire: "cari amici, confluite pure nel PD, noi rimaniamo DS, anche se siamo quattro gatti"? (e poi voglio vedere se saremo davvero quattro gatti. Secondo me no, vedo tanti malcontenti...) sarebbe una cosa impossibile?
Quando riferisco di un nuovo soggetto politico non uso la parola nuovo, per aggiungere un'altro pezzetto di sinistra a quelli già esistenti. Un nuovo soggetto, perchè gli attuali sono diventati delle botteghe e delle aziende dove gli iscritti e gli elettori sono strumentali al mantenimento e allo sviluppo di dette botteghe e aziende. Quindi un nuovo soggetto non verticistico, non burocratico, ma composto da volontari con regole che impediscono la cristallizzazione nei ruoli di chi è chiamato a recepire dagli iscritti la linea politica.

Detto questo dobbiamo ognuno di noi dire a quale sinistra facciamo riferimento e credo sia questo il confronto che dobbiamo provocare, per costruire una identità condivisa e valori, ideali e progetto di società condiviso.

VOCI DALL"ASSEMBLEA DEI DELEGATI

Area Democratica di Giorgio Bruscia
E' mio parere che sia giunta l'ora di formalizzare al nostro interno, una nuova sensibilità politica con nuovi principi che contrastino il formarsi di stravolgimenti, incomprensioni che ci allontanano dal retroterra culturale liberalsocialista che ci ha distinto e connotato. La composizione di questa Area Democratica tende a colmare alcune mancanze, ripensare le diverse amnesie, correggere le molte revisioni che il nostro partito e qui parlo di quello regionale, ha patito costantemente nel tempo. Ho deciso di non confidare più sui nostri riformisti al prosciutto. Noi crediamo negli azzeramenti e nelle successive ricostruzioni. Non vogliamo più sentir parlare di riforma se la parola significa spostare due virgole, purché tutto resti com'è. Ad esempio si è capaci di riformare la complicata situazione finanziaria del partito rendendo inamovibile e certo l’autofinanziamento, basandolo su regole certe, chiare, condivise e rispettate?

La passione politica è finita? di Raimondo Donzel
“I partiti di oggi sono macchine di potere e di clientela: scarsa conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, programmi pochi o vaghi, passione civile, zero.” Queste sono parole di E. Berlinguer. Sono passati 25 anni; ma come sono attuali. La questione morale resta il punto di partenza di ogni ragionamento. È lì a pungolare il nostro agire quotidiano. Per ritrovare un luogo vero di dibattito, alcuni compagni hanno deciso di costruire un’Area democratica. Contro i metodi improvvisati e/o autoritari l’Area democratica vuole che la politica possa tornare ad essere spazio collettivo di espressione autentica delle persone. Fassino promuove il riformismo. Ma ci sono due riformismi. Quello delle chiacchiere e quello dei fatti, che crea rotture e anche scontro sociale (perché attacca lobbies e privilegi). Per fare le riforme ci vuole coraggio (Blair, Zapatero). Di quale riformismo stiamo parlando in Valle d’Aosta?

Partecipazione e discussione della base di Gianfranceschi Paolo
Che siamo tutti democratici non vuol dire nulla, la Partecipazione, la discussione, la sintesi, fanno la democrazia. La nascita di un partito democratico, non è un evento che innalza i nostri cuori. Sopratutto se di questo futuro partito non sappiamo nulla, se non cronache minuziose e forse faziose che documentano la ricerca d’affannosi equilibri tra gruppi dirigenti che lo promuovono o l'ostacolano. Quindi per tutto ciò attenderei i tempi del dibattito nazionale perchè i tempi unici e compressi sono sempre troppo coercitivi. In attesa aderirò al progetto di Area Democratica, proposto dal compagno Donzel dove la "partecipazione" "discussione" e "sintesi" dei compagni della base saranno essenziali, per continuare a lottare, e credere nei valori della sinistra.

Torniamo al dialogo con la gente di Emilio Zambon
Nonostante quel che se ne dica, la logica delle mozioni del Congresso di Quart non è affatto superata. Infatti, mai come oggi, il dibattito politico all’interno del nostro partito è bloccato in uno sterile ostacolarsi tra i due schieramenti, con mezzi talvolta ai limiti delle regole. Questo non interessa, anzi infastidisce i nostri iscritti della Base, che mai come adesso si sentono poco rappresentati dal Partito e faticano a comprendere il suo Gruppo Dirigente. Per un Partito che fa dell’etica la propria bandiera e della presenza sul territorio la propria forza trainante, questo è grave e ci obbliga ad una preoccupata riflessione. Dobbiamo tornare al dialogo con la gente comune; devono tornare argomento centrale del nostro discutere i problemi dei Cittadini e del Territorio, solo così potremo uscirne con un Partito più forte, rinnovato, credibile, Democratico.