venerdì 14 maggio 2010

AUTONOMIA SOTTO RICATTO

Calderoli «Il federalismo fiscale non può aspettare È la cura alla crisi»

Col crac della Grecia l’Europa comincia a dinoccolarsi, e Roberto Calderoli, inesausto ministro per la Semplificazione, tende a semplificare il quadro politico (infrangendo il tabù delle Regioni a statuto speciale).


Calderoli, se le dico: “il federalismo ci costa e se l’effetto domino della Grecia (…)(…) alzerà i tassi, la coperta sarà corta, i soldi mancheranno e i decreti attuativi sono a rischio”, che risponde?
«Che è una cazzata di voi giornalisti. A parte che dipende dalla risposta dei ministri economici dell’Europa, ma dire che il federalismo costa è un ossimoro. ll federalismo risolve la crisi. Serve a ridurre i costi, è perciò Trernon ti insiste: prima lo facciamo meglio è. La prossima riforma fiscale è strutturata in modo da incastrarsi col federalismo fiscale stesso».

Sicchè I benedetti decreti attuativi…
«Sono pronti. Il 21 maggio dovrebbe entrare in Gazzetta ufficiale il primo, poi partirà il secondo sulla fiscalità di Comuni e Province ad inizi giugno, poi ad ottobre quello sui costi e sul fabbisogno standard».

Anche Schifani, si sfoga: «Basta col meridionalismo piagnone». Non è stupito?
«Schifani ha capito che il nostro è un federalismo solidale. I miei problemi stanno sempre nel mantenere l’equilibrio fra Comuni, Province e Regioni. Tutti tendono a tirare la coperta dalla propria parte; e, non fidandosi gli uni delle altre, scoppiano problemi di accavallamento di competenze, per esempio tra Regioni e Province».

Ma non era meglio abolirle, le province?
«Voi giornalisti, superficiali e ignoranti. Se i Comuni sono indispensabili per i servizi dei cittadini, le Province lo sono per tutto il servizio di rete; è impensabile non avere enti intermedi, soprattutto – esempio- tra il paesino della Val Trompia e la Regione».

Ma era necessario, farne 19 di nuove?
«Forse non lo era. Ma perché non rendete pubblico che la razionalizzazione avviene su cose più urgenti? Che 34mila enti intermedi inutili sono stati eliminati? Che abbiamo tagliato il 20% dei consiglieri comunali, e i difensori civici e gli stipendi dei consiglieri regionali che ora sono parificati ai 5600 euro di indennità dei parlamentari e prima arrivavano a 25mila euro al mese?».

Be’, lo sta rendendo pubblico lei, ora.
«…E le Regioni a statuto speciale? In Trentino sono riuscito a ridurre i trasferimenti annuali di 1,3 miliardi. Tra 15 giorni toccherà andare in Val d’Aosta; sto trattando per ridurre i loro di 180 milioni. Poi toccherà alla Sicilia, lì sarà un casino. Conto di portare a casa un risparmio di 2,5 miliardi che non sono una tantum ma per sempre. Cerco, col federalismo, di rendere via via più speciali le regioni ordinarie e più ordinarie quelle speciali. Il problema delle Speciali è che per legge devi patteggiare tutto con loro, ci vuole il consenso per ogni modifica. Spesso l’ottengo instillando il buon senso col ricatto».

Come sarebbe, col ricatto?
«Si, faccio il delinquente, lo ammetto. Lo sa che le Regioni a statuto speciale prendevano l’Iva sull’importazione nonostante, col libero mercato, questa non esista più? Però, per esempio, Bolzano doveva avere 7 miliardi e non voleva sentire ragione, né crisi né altro. lo me ne sono fottuto e intanto gli ho bloccato i trasferimenti, così siamo arrivati a trattare. Certo uno dice: meglio abolirle, ma la legge non lo consente, intanto cominciamo a tagliare piano piano i privilegi. Il vero problema è stata la modica del titolo V della Costituzione, fatta da quegli altri».

Ma non era l’inizio del federalismo?
«Del falso federalismo. Pochi sanno che sono poco meno del 50% degli 8.104 Comuni italiani a ricevere 16 miliardi di trasferimenti e tutti gli altri vivono di altre entrare. E non c’è un senso logico nei trasferimenti di fondi: il Comune di Pozzuoli prende più di molte grandi città, con comuni storicamente di sinistra o cattocomunisti. Tutto questo risale a prima del compromesso storico. Il Pci non poteva governare centralmente perché l’America non lo voleva, così gli furono assegnati fondi per farlo a livello territoriale…».

Tesi non priva di fascino. L’altra -sempre sua- era una “agenzia di rating europea contro gli speculatori”, oltre Moody’s & C.
«In questi anni abbiamo lasciato l’economia in mano a privati che venivano pagati da coloro sui quali dovevano esprimere giudizi; ora c’è la prova provata che quelli erano inaffidabili. Ci saremmo risparmiati crac e speculazioni. Certo c’è già la Bce, in Europa; ma non basta, porterò l’idea al premier».

La crisi è anche colpa delle banche?
«Le speculazioni, Grecia compresa, le fanno proprio le banche che noi abbiamo salvato. Gli istituti devono pagare questa forma di assicurazione da parte degli Stati»

I Comuni che sostenete vi attaccano sul Patto di stabilità.
«Fatto conto della crisi siamo disponibili a un patto diverso da quello attuale (che non esisterà più col federalismo); premieremo i Comuni virtuosi e puniremo i dissipatori».

Si vocifera di elezioni anticipate e governo tecnico.
«Cazzate di voi giornalisti (ovvio, ndr). Il rapporto Bossi-Berlusconi è osmotico. Ogni ipotesi di governo tecnico è roba da vecchia repubblica…».

Articolo di Francesco Specchia - Libero del 9 maggio 2010.

Nessun commento:

VOCI DALL"ASSEMBLEA DEI DELEGATI

Area Democratica di Giorgio Bruscia
E' mio parere che sia giunta l'ora di formalizzare al nostro interno, una nuova sensibilità politica con nuovi principi che contrastino il formarsi di stravolgimenti, incomprensioni che ci allontanano dal retroterra culturale liberalsocialista che ci ha distinto e connotato. La composizione di questa Area Democratica tende a colmare alcune mancanze, ripensare le diverse amnesie, correggere le molte revisioni che il nostro partito e qui parlo di quello regionale, ha patito costantemente nel tempo. Ho deciso di non confidare più sui nostri riformisti al prosciutto. Noi crediamo negli azzeramenti e nelle successive ricostruzioni. Non vogliamo più sentir parlare di riforma se la parola significa spostare due virgole, purché tutto resti com'è. Ad esempio si è capaci di riformare la complicata situazione finanziaria del partito rendendo inamovibile e certo l’autofinanziamento, basandolo su regole certe, chiare, condivise e rispettate?

La passione politica è finita? di Raimondo Donzel
“I partiti di oggi sono macchine di potere e di clientela: scarsa conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, programmi pochi o vaghi, passione civile, zero.” Queste sono parole di E. Berlinguer. Sono passati 25 anni; ma come sono attuali. La questione morale resta il punto di partenza di ogni ragionamento. È lì a pungolare il nostro agire quotidiano. Per ritrovare un luogo vero di dibattito, alcuni compagni hanno deciso di costruire un’Area democratica. Contro i metodi improvvisati e/o autoritari l’Area democratica vuole che la politica possa tornare ad essere spazio collettivo di espressione autentica delle persone. Fassino promuove il riformismo. Ma ci sono due riformismi. Quello delle chiacchiere e quello dei fatti, che crea rotture e anche scontro sociale (perché attacca lobbies e privilegi). Per fare le riforme ci vuole coraggio (Blair, Zapatero). Di quale riformismo stiamo parlando in Valle d’Aosta?

Partecipazione e discussione della base di Gianfranceschi Paolo
Che siamo tutti democratici non vuol dire nulla, la Partecipazione, la discussione, la sintesi, fanno la democrazia. La nascita di un partito democratico, non è un evento che innalza i nostri cuori. Sopratutto se di questo futuro partito non sappiamo nulla, se non cronache minuziose e forse faziose che documentano la ricerca d’affannosi equilibri tra gruppi dirigenti che lo promuovono o l'ostacolano. Quindi per tutto ciò attenderei i tempi del dibattito nazionale perchè i tempi unici e compressi sono sempre troppo coercitivi. In attesa aderirò al progetto di Area Democratica, proposto dal compagno Donzel dove la "partecipazione" "discussione" e "sintesi" dei compagni della base saranno essenziali, per continuare a lottare, e credere nei valori della sinistra.

Torniamo al dialogo con la gente di Emilio Zambon
Nonostante quel che se ne dica, la logica delle mozioni del Congresso di Quart non è affatto superata. Infatti, mai come oggi, il dibattito politico all’interno del nostro partito è bloccato in uno sterile ostacolarsi tra i due schieramenti, con mezzi talvolta ai limiti delle regole. Questo non interessa, anzi infastidisce i nostri iscritti della Base, che mai come adesso si sentono poco rappresentati dal Partito e faticano a comprendere il suo Gruppo Dirigente. Per un Partito che fa dell’etica la propria bandiera e della presenza sul territorio la propria forza trainante, questo è grave e ci obbliga ad una preoccupata riflessione. Dobbiamo tornare al dialogo con la gente comune; devono tornare argomento centrale del nostro discutere i problemi dei Cittadini e del Territorio, solo così potremo uscirne con un Partito più forte, rinnovato, credibile, Democratico.