martedì 22 giugno 2010

NESSUNO TOCCHI I BLOG

Art.1, comma 29 del ddl intercettazioni: i blogger devono pubblicare le richieste di rettifica in 48 ore o pagare fino a 12.500 euro. Aboliamo questa norma


Da pochi giorni in Senato la maggioranza con la trentesima fiducia ha approvato il ddl intercettazioni: un testo che tutela meglio i criminali dei cittadini e uccide il diritto ad essere informati. Tra i commi del testo ci sono attacchi e censure anche alla Rete. Una pagina davvero brutta per la democrazia italiana, il ddl intercettazioni dopo 2 anni di gestazione si dimostra un grande esproprio della democrazia e dell'informazione, dove le notizie cattive si sommano, e ora toccano anche il controllo e la censura della Rete. Come hanno indicato i senatori del Pd Vincenzo Vita e Felice Casson tra i tanti passaggi liberticidi e censori del maxiemendamento sulle intercettazioni ce n'è anche uno devastante per la rete. Infatti, per ciò che attiene alla 'rettifica', si equiparano i siti informatici ai giornali, dando ai blogger l'obbligo di rettifica in 48 ore. Il comma 29 dell’art. 1 prevede che la disciplina in materia di obbligo di rettifica prevista nella vecchia legge sulla stampa del 1948 si applichi anche ai “i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”! I blogger all’entrata in vigore della nuova legge anti-intercettazioni, dovranno provvedere a dar corso ad ogni richiesta di rettifica ricevuta, entro 48 ore, a pena, in caso contrario, di vedersi irrogare una sanzione fino a 12.500 euro.. Ma un blog non è un giornale, il blogger non è un redattore, spesso gli aggiornamenti sono saltuari. Si può rischiare una maximulta perché magari si è in vacanza o non si controlla la posta? Ciò significa rendere la vita impossibile a migliaia di siti e di blog, ben diversi dalle testate giornalistiche. Lo fanno dimenticando che la rete è proprio un'altra cosa. L'emendamento del PD per modificare questa norma non è stato discusso perché la fiducia taglia tutto . Ma la destra abituata a usare la tv o non lo sa, o sperando nel silenzio prova a mettere le mani dove ancora non era riuscita a farlo. Non sappiamo se questo sia l’obiettivo perseguito o solo un effetto collaterale dell’ignoranza con la quale il centrodestra continua ad affrontare le dinamiche della ret e, di sicuro faranno passare ai più la voglia di occuparsi, on line, di informazione in ambiti o materie suscettibili di urtare la sensibilità di qualcuno ed indurlo a domandare - a torto o a ragione - la rettifica. Un ottimo silenziatore alle domande legittime dei frequentatori del web. Non finisce qui. I senatori PD vogliono presentare, d'intesa con i colleghi della Camera dei D eputati, un disegno di legge seccamente abrogativo della seconda parte della lettera a del comma 29 che recita per l'appunto: ''per i siti informatici sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta...''. Ci chiediamo se l'emendamento sarà sostenuto anche dai parlamentari di PDL e Lega che fanno parte dell'intergruppo web 2.0 e che nei convegni si esprimono sempre a difesa della libertà d'espressione in rete. Ora devono dimostrare alla rete che le loro non sono solo parole, da abolire a un cenno di Berlusconi. Chiediamo loro di firmare e votare l'emendamento PD al comma 29 per abolire l'obbligo di rettifica in 48 ore per siti e blog.

Giuseppe Civati

Paolo Gentiloni

Matteo Orfini

venerdì 14 maggio 2010

AUTONOMIA SOTTO RICATTO

Calderoli «Il federalismo fiscale non può aspettare È la cura alla crisi»

Col crac della Grecia l’Europa comincia a dinoccolarsi, e Roberto Calderoli, inesausto ministro per la Semplificazione, tende a semplificare il quadro politico (infrangendo il tabù delle Regioni a statuto speciale).


Calderoli, se le dico: “il federalismo ci costa e se l’effetto domino della Grecia (…)(…) alzerà i tassi, la coperta sarà corta, i soldi mancheranno e i decreti attuativi sono a rischio”, che risponde?
«Che è una cazzata di voi giornalisti. A parte che dipende dalla risposta dei ministri economici dell’Europa, ma dire che il federalismo costa è un ossimoro. ll federalismo risolve la crisi. Serve a ridurre i costi, è perciò Trernon ti insiste: prima lo facciamo meglio è. La prossima riforma fiscale è strutturata in modo da incastrarsi col federalismo fiscale stesso».

Sicchè I benedetti decreti attuativi…
«Sono pronti. Il 21 maggio dovrebbe entrare in Gazzetta ufficiale il primo, poi partirà il secondo sulla fiscalità di Comuni e Province ad inizi giugno, poi ad ottobre quello sui costi e sul fabbisogno standard».

Anche Schifani, si sfoga: «Basta col meridionalismo piagnone». Non è stupito?
«Schifani ha capito che il nostro è un federalismo solidale. I miei problemi stanno sempre nel mantenere l’equilibrio fra Comuni, Province e Regioni. Tutti tendono a tirare la coperta dalla propria parte; e, non fidandosi gli uni delle altre, scoppiano problemi di accavallamento di competenze, per esempio tra Regioni e Province».

Ma non era meglio abolirle, le province?
«Voi giornalisti, superficiali e ignoranti. Se i Comuni sono indispensabili per i servizi dei cittadini, le Province lo sono per tutto il servizio di rete; è impensabile non avere enti intermedi, soprattutto – esempio- tra il paesino della Val Trompia e la Regione».

Ma era necessario, farne 19 di nuove?
«Forse non lo era. Ma perché non rendete pubblico che la razionalizzazione avviene su cose più urgenti? Che 34mila enti intermedi inutili sono stati eliminati? Che abbiamo tagliato il 20% dei consiglieri comunali, e i difensori civici e gli stipendi dei consiglieri regionali che ora sono parificati ai 5600 euro di indennità dei parlamentari e prima arrivavano a 25mila euro al mese?».

Be’, lo sta rendendo pubblico lei, ora.
«…E le Regioni a statuto speciale? In Trentino sono riuscito a ridurre i trasferimenti annuali di 1,3 miliardi. Tra 15 giorni toccherà andare in Val d’Aosta; sto trattando per ridurre i loro di 180 milioni. Poi toccherà alla Sicilia, lì sarà un casino. Conto di portare a casa un risparmio di 2,5 miliardi che non sono una tantum ma per sempre. Cerco, col federalismo, di rendere via via più speciali le regioni ordinarie e più ordinarie quelle speciali. Il problema delle Speciali è che per legge devi patteggiare tutto con loro, ci vuole il consenso per ogni modifica. Spesso l’ottengo instillando il buon senso col ricatto».

Come sarebbe, col ricatto?
«Si, faccio il delinquente, lo ammetto. Lo sa che le Regioni a statuto speciale prendevano l’Iva sull’importazione nonostante, col libero mercato, questa non esista più? Però, per esempio, Bolzano doveva avere 7 miliardi e non voleva sentire ragione, né crisi né altro. lo me ne sono fottuto e intanto gli ho bloccato i trasferimenti, così siamo arrivati a trattare. Certo uno dice: meglio abolirle, ma la legge non lo consente, intanto cominciamo a tagliare piano piano i privilegi. Il vero problema è stata la modica del titolo V della Costituzione, fatta da quegli altri».

Ma non era l’inizio del federalismo?
«Del falso federalismo. Pochi sanno che sono poco meno del 50% degli 8.104 Comuni italiani a ricevere 16 miliardi di trasferimenti e tutti gli altri vivono di altre entrare. E non c’è un senso logico nei trasferimenti di fondi: il Comune di Pozzuoli prende più di molte grandi città, con comuni storicamente di sinistra o cattocomunisti. Tutto questo risale a prima del compromesso storico. Il Pci non poteva governare centralmente perché l’America non lo voleva, così gli furono assegnati fondi per farlo a livello territoriale…».

Tesi non priva di fascino. L’altra -sempre sua- era una “agenzia di rating europea contro gli speculatori”, oltre Moody’s & C.
«In questi anni abbiamo lasciato l’economia in mano a privati che venivano pagati da coloro sui quali dovevano esprimere giudizi; ora c’è la prova provata che quelli erano inaffidabili. Ci saremmo risparmiati crac e speculazioni. Certo c’è già la Bce, in Europa; ma non basta, porterò l’idea al premier».

La crisi è anche colpa delle banche?
«Le speculazioni, Grecia compresa, le fanno proprio le banche che noi abbiamo salvato. Gli istituti devono pagare questa forma di assicurazione da parte degli Stati»

I Comuni che sostenete vi attaccano sul Patto di stabilità.
«Fatto conto della crisi siamo disponibili a un patto diverso da quello attuale (che non esisterà più col federalismo); premieremo i Comuni virtuosi e puniremo i dissipatori».

Si vocifera di elezioni anticipate e governo tecnico.
«Cazzate di voi giornalisti (ovvio, ndr). Il rapporto Bossi-Berlusconi è osmotico. Ogni ipotesi di governo tecnico è roba da vecchia repubblica…».

Articolo di Francesco Specchia - Libero del 9 maggio 2010.

domenica 25 aprile 2010

IL 25 APRILE NEGATO (E NON SOLO ...) DOVE REGNA LA LEGA



La lettera di Pier Luigi Bersani al circolo Pd di Montichiari che nei giorni scorsi si è visto rifiutare dal Sindaco la disponibilità di una piazza per celebrare il 25 aprile.

Cari cittadini e cittadine di Montichiari ho appreso dalla lettura dei giornali che la giunta della vostra città ha negato la possibilità di celebrare il 25 Aprile e il Primo Maggio sospendendo, di fatto, un diritto sancito dalla nostra Costituzione. Questo è molto grave, ma ancor più grave è l’intenzione di voler cancellare con un divieto una memoria che deve essere considerata patrimonio comune di tutto il popolo italiano.

I valori del 25 Aprile sono scritti nella nostra Carta Costituzionale che è la più bella del mondo, e lo è perché sancì un patto tra uomini e donne di idee e convincimenti anche profondamente diversi tra loro, ma che li vide uniti dall’idea di disegnare un futuro comune e libero per tutti gli italiani.
Questo esempio e questa memoria dovrebbero rappresentare un orientamento di fondo per chi è chiamato, a tutti i livelli di responsabilità, a ricoprire un ruolo al servizio del bene comune. Tanto più nel momento in cui le forze politiche affermano di volersi impegnare per rinnovare quel patto. Rinnovare, perché di questo si tratta. Rinnovare un patto per costruire una nuova unità dell’Italia. Rinnovare per sentirci cittadini di un unico paese. Rinnovare per rendere vivi quei valori che non possono cambiare perché la libertà, l’uguaglianza e la dignità, insieme alle idee di pace, di fraternità e di comune umanità di tutti gli uomini e le donne del mondo non sono nella disponibilità di nessuno. E’ questo il senso profondo del 25 Aprile.

La democrazia è una scelta che va rinnovata ogni giorno, anche pagando qualche prezzo, di certo infinitamente minore rispetto a quello che altri hanno pagato prima di noi, altrimenti diventa un’abitudine. E, se è un’abitudine, può succedere che in forme anche nuove rispetto al passato ci si lasci portar via pezzi di libertà un po’ per volta, senza nemmeno accorgercene. Ci siamo detti molte volte che la storia non si ripete mai, ma ci possono essere molti modi per tradire quei valori che sono fioriti nel sangue di tante sofferenze.

Può accadere se prevale l’indifferenza e la mistificazione verso la nostra storia. Può accadere se di fronte alle difficoltà, di avere una democrazia che funzioni, capace di prendere decisioni rapide ed efficaci, si pensa di prendere la via breve dello svilimento dei meccanismi di partecipazione democratica per favorire una deriva populista e scelte autoritarie nella società.

Allo stesso modo togliere la possibilità di festeggiare il Primo Maggio significa voler negare un ruolo al lavoro inteso oggi nella sua estensione più larga e più alta possibile. Il lavoro come bene comune e come promozione tanto della dignità quanto del merito di ogni singolo individuo. E la nostra Costituzione, anche su questo tema dimostra di essere più attuale che mai perché promuove il lavoro in tutte le sue forme e, insieme, ci impegna a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Valori profondi, quindi, consegnati a noi perché rinati dalla primavera del 25 Aprile e che noi abbiamo il dovere di portare nel futuro come una fiaccola preziosa da trasmettere alle nuove generazioni. Questo è il nostro compito, questa è la nostra responsabilità. Viva il 25 Aprile, viva la Costituzione.

Pier Luigi Bersani

venerdì 16 aprile 2010

Altro che modello Carroccio ...

La Lega "sbarcherà" in Comune ad Aosta?


fonte: sito del PD Nazionale

Il partito radicato, quello della gente, quello che combatte (e non è sempre una metafora) al fianco dei lavoratori. Sono solo alcuni degli appellativi a cui la Lega Nord si è abituata da quando, da piccolo partito secessionista e xenofobo, è salito al rango di grande partito di governo (sempre secessionista e xenofobo, anche se adesso questo aspetto sembra marginale). Ormai nelle orecchie dell’italiano mediamente informato risuonano solo due parole: Modello Lega. Che in buona sostanza vuol dire: fare come la Lega. Il punto è proprio questo: cosa fa la Lega?

1. Umilia i bambini. È già successo in due comuni. Ad Andro (Lombardia) e Montecchio (Veneto) le amministrazioni del Carroccio hanno dato una vera e propria prova di forza, punendo duramente… bambini della scuola elementare. I loro genitori non erano in regola con il pagamento della mensa scolastica, motivo per cui i due comuni hanno disposto la pubblica gogna dei piccoli, costretti a mangiare pane e acqua mentre ai loro compagni “regolari” venivano serviti primo, secondo e frutta. Niente male per un partito che si autoproclama paladino dei più deboli!

2. Nega la sepoltura ad una neonata. “E’ irrispettoso dei sentimenti della maggior parte della comunità”. Con queste parole, crudeli quanto insensate , gli esponenti della Lega di Paderno condannano il desiderio di due genitori mussulmani di dare sepoltura alla loro bambina morta poco dopo la nascita. Il loro crimine? Aver desiderato seppellire la bambina in un piccolo cimitero islamico costruito in zona, la cui particolarità è quella di ospitare circa 200 tombe scavate in obliquo in direzione de La Mecca. Contro un richiesta pacifica e addolorata la Lega ha mostrato ancora una volta i denti, organizzando raccolte di firme, fiaccolate e annunciando per sabato prossimo una manifestazione in piazza. Tutto per impedire che una neonata riceva una degna sepoltura, tutto per punire, come se la morte di un figlio non fosse abbastanza, due genitori, tutto per dimostrare che il dolore è degno di compassione e rispetto solo quando chi ne è afflitto è italiano!

3. Prende in giro gli elettori. Dopo mesi passati a riempirsi la bocca con parole come “la nostra gente”, anche le più alte sfere del Carroccio hanno ceduto all’andazzo di uno schieramento poco avvezzo alle regole. A quasi due settimane dalle elezioni,il neo governatore del Piemonte Roberto Cota non ha ancora presentato le sue dimissioni da deputato, né tantomeno da capogruppo alla Camera.
Ma il recordman rimane Daniele Molgora. Deputato dal ’94, il parlamentare del Carroccio si divide tra lo scranno di Montecitorio, la scrivania di sottosegretario all’Economia e alle Finanze e la poltrona di presidente della Provincia di Brescia.
Tre incarichi pure per Arianna Lazzarini: appena eletta in consiglio regionale in Veneto,dal 2009 assessore provinciale a Padova e consigliere comunale a Pozzonovo (dove si è dimessa da assessore però, 4 incarichi sono troppi).
Poi si stanno facendo le ossa Maurizio Conte, di San Martino di Lupari. Rieletto in consiglio regionale ha uno scranno pure nel consiglio comunale di San Martino di Lupari e fa parte del consiglio di amministrazione del Consorzio Zip.
Solo il doppio incarico per Massimo Bitonci, deputato leghista e sindaco di Cittadella e Paola Goisis deputata e consigliera comunale ad Este, Luciano Cagnin senatore e membro del consiglio di Piombino Dese.

Davide Zoggia, responsabile Enti locali, afferma: “Il divieto di cumulare cariche in più assemblee legislative non è stato previsto per legge per un vezzo, ma perché è oggettivamente impossibile svolgere con la dovuta accuratezza il ruolo di consigliere regionale e di deputato. Come è possibile, ci chiediamo, che il paladino del federalismo Bossi giudichi invece verosimile che Roberto Cota possa fare insieme il presidente di Regione e il capogruppo alla Camera? Ma non sono loro quelli che, dalle elezioni regionali in poi, stanno sperticando a dare lezioni a destra e a manca su come si sta sul territorio? E’ questo che intende la Lega Nord quando parla dello stare vicino ai cittadini? Nel frattempo, fino a che non deciderà, bontà sua, di optare per l’uno o l’altro incarico, Cota cumulerà un doppio stipendio, alla faccia dei privilegi della casta e di Roma ladrona. Sono queste le gravi contraddizioni in cui incappa chi vuole recitare tutte le parti in commedia?”.

4. Strumentalizza il dolore delle donne. E proprio Cota, appena eletto non ha tralasciato di giocare la carta del populismo. Con un teatrale: “Per quanto mi riguarda possono marcire in magazzino” ha cominciato la sua personale e strumentale battaglia contro la RU486, la cosiddetta pillola abortiva.

5. Chiude alle riforme e smentisce gli alleati. Al grido di “adesso le riforme”, la Lega e il Pdl stanno infilando nel calderone ogni genere di modifica, dal semipresidenzialismo al senato federale. Non è chiaro però su cosa, le due anime del governo siano d’accordo. A sentire le parole del leader della Lega, nonché ministro delle Riforme, Umberto Bossi, i punti in comune sono ben pochi. Il senatur avverte che la legge elettorale non è un discussione (alla faccia del popolo e del suo diritto di scegliere i suoi rappresentanti!), mentre il presidente del Senato Schifani chiede di non dimenticare che per le riforme è necessaria la collaborazione di una larga maggioranza parlamentare. Ma Bossi da quell’orecchio non sente e va per la sua strada: “vogliamo il senato federale”. Anche qui però la seconda carica dello Stato frena: “Non sarebbe giusto fare una camera di serie A e una di serie B”. Il segretario PD Pier Luigi Bersani definisce “impotabile” la bozza di riforme messe a punto dal ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, e afferma ironicamente: "E' curioso che Bossi voglia mantenere una legge definita 'porcata' dal suo stesso estensore. Tutti i gusti sono gusti ma i nostri sono totalmente diversi".

Rosy Bindi analizza così il vivace scambio di battute: “Più si parla di riforme costituzionali e più cresce la confusione nella maggioranza. Non mi pare che le idee di Bossi coincidano con quelle del presidente Schifani. Ognuno parla per sé e non si capisce cosa vogliano fare salvo conservare una pessima legge elettorale. E’ evidente che si usano i problemi del Paese per interessi di parte e contingenti e che si prepara lo scambio politico tra Lega e Pdl su federalismo e presidenzialismo. Il mantra delle riforme istituzionali serve a coprire l’incapacità di affrontare i nodi della crisi economica, le difficoltà delle imprese e delle famiglie, i ritardi nelle infrastrutture le debolezze del sistema sociale. Noi non ci faremo incantare e non permetteremo che un tema così cruciale come quello delle riforme necessarie a rafforzare la democrazia e a migliorare la vita dei cittadini sia usato per consolidare il patto di potere che tiene unita la destra”.

6. Confonde politica e interesse privato. Non contento, il patron Bossi in giornata ha deliziato opinione pubblica e stampa con un’alta delle sue proverbiali uscite: "E' chiaro che le banche più grosse del Nord ha detto - avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo. Una dichiarazione di guerra che fa ridere, o che forse passa inosservata nel governo in cui tutto è concesso. “Possibile – si chiede Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del PD - che non susciti alcuna reazione indignata dai mondi della politica, dell’economia e dalla finanza la dichiarazione del leader della Lega, nonché ministro delle Riforme che, senza troppi giri di parole sostiene : “E’ chiaro che le banche più grosse del Nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo''? Dobbiamo annoverare queste parole tra le battute che si perdono nell’etere o dobbiamo seriamente preoccuparci? Chiediamo a Bossi di rassicurare i cittadini che le nomine a cui sono chiamati, nei prossimi mesi, gli Enti Locali del Nord per i posti di loro competenza nelle Fondazioni bancarie saranno sottoposte ai soli criteri di professionalità, onorabilità, indipendenza e assenza di conflitto d’interessi. E non alla tessera del suo partito”.

Sconvolto da queste parole anche Alberto Fluvi, capogruppo Pd in commissione Finanze della Camera: “Le dichiarazioni di Bossi sulla presenza di uomini della Lega nelle banche lasciano a dir poco esterrefatti. Per molto meno un po’ di tempo fa ci fu una indignazione generale. E infine è il caso di ricordare che la Lega una banca ce l’aveva. Ha fatto una fine ingloriosa ed i costi gli hanno pagati i contribuenti”.

Insomma...Modello Lega? No, grazie!


Ivana Giannone

tratto dal sito del PD Nazionale
http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/98111/la_faccia_nera_della_lega

sabato 13 febbraio 2010

VOCI DALL"ASSEMBLEA DEI DELEGATI

Area Democratica di Giorgio Bruscia
E' mio parere che sia giunta l'ora di formalizzare al nostro interno, una nuova sensibilità politica con nuovi principi che contrastino il formarsi di stravolgimenti, incomprensioni che ci allontanano dal retroterra culturale liberalsocialista che ci ha distinto e connotato. La composizione di questa Area Democratica tende a colmare alcune mancanze, ripensare le diverse amnesie, correggere le molte revisioni che il nostro partito e qui parlo di quello regionale, ha patito costantemente nel tempo. Ho deciso di non confidare più sui nostri riformisti al prosciutto. Noi crediamo negli azzeramenti e nelle successive ricostruzioni. Non vogliamo più sentir parlare di riforma se la parola significa spostare due virgole, purché tutto resti com'è. Ad esempio si è capaci di riformare la complicata situazione finanziaria del partito rendendo inamovibile e certo l’autofinanziamento, basandolo su regole certe, chiare, condivise e rispettate?

La passione politica è finita? di Raimondo Donzel
“I partiti di oggi sono macchine di potere e di clientela: scarsa conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, programmi pochi o vaghi, passione civile, zero.” Queste sono parole di E. Berlinguer. Sono passati 25 anni; ma come sono attuali. La questione morale resta il punto di partenza di ogni ragionamento. È lì a pungolare il nostro agire quotidiano. Per ritrovare un luogo vero di dibattito, alcuni compagni hanno deciso di costruire un’Area democratica. Contro i metodi improvvisati e/o autoritari l’Area democratica vuole che la politica possa tornare ad essere spazio collettivo di espressione autentica delle persone. Fassino promuove il riformismo. Ma ci sono due riformismi. Quello delle chiacchiere e quello dei fatti, che crea rotture e anche scontro sociale (perché attacca lobbies e privilegi). Per fare le riforme ci vuole coraggio (Blair, Zapatero). Di quale riformismo stiamo parlando in Valle d’Aosta?

Partecipazione e discussione della base di Gianfranceschi Paolo
Che siamo tutti democratici non vuol dire nulla, la Partecipazione, la discussione, la sintesi, fanno la democrazia. La nascita di un partito democratico, non è un evento che innalza i nostri cuori. Sopratutto se di questo futuro partito non sappiamo nulla, se non cronache minuziose e forse faziose che documentano la ricerca d’affannosi equilibri tra gruppi dirigenti che lo promuovono o l'ostacolano. Quindi per tutto ciò attenderei i tempi del dibattito nazionale perchè i tempi unici e compressi sono sempre troppo coercitivi. In attesa aderirò al progetto di Area Democratica, proposto dal compagno Donzel dove la "partecipazione" "discussione" e "sintesi" dei compagni della base saranno essenziali, per continuare a lottare, e credere nei valori della sinistra.

Torniamo al dialogo con la gente di Emilio Zambon
Nonostante quel che se ne dica, la logica delle mozioni del Congresso di Quart non è affatto superata. Infatti, mai come oggi, il dibattito politico all’interno del nostro partito è bloccato in uno sterile ostacolarsi tra i due schieramenti, con mezzi talvolta ai limiti delle regole. Questo non interessa, anzi infastidisce i nostri iscritti della Base, che mai come adesso si sentono poco rappresentati dal Partito e faticano a comprendere il suo Gruppo Dirigente. Per un Partito che fa dell’etica la propria bandiera e della presenza sul territorio la propria forza trainante, questo è grave e ci obbliga ad una preoccupata riflessione. Dobbiamo tornare al dialogo con la gente comune; devono tornare argomento centrale del nostro discutere i problemi dei Cittadini e del Territorio, solo così potremo uscirne con un Partito più forte, rinnovato, credibile, Democratico.